mercoledì 22 ottobre 2008

Mancanza di riscatto

Trovarsi davanti a un muro. E sapere che poco più in la qualcunaltro sta fissando mattoni uguali e diversi dai tuoi. Schiacciato dal turbine di pensieri, di riflessioni che rimbalzano e urtano il tuo "quieto vivere". Non vuoi affrontarla la situazione, fai fatica ad immaginare da dove poter iniziare. Forse la pigrizia e forse la volontà di investire sulla tua vita, e solo su quella. Arrivare a pensare che la democrazia proprio non funziona se il 50% della popolazione italiana ha scelto il suicidio; e credere che proprio la democrazia non funziona se il 33% l'avrebbe scelto in un altra forma.
Oggi mi è capitato di sfogliare un libro fotografico sul '68.
Non intendo analizzare l'epoca e ,soprattutto, le conseguenze.
Un'immagine in particolare mi ha fatto pensare: un murales "la democrazia è il fucile sulla spalla dell'operaio".
Una frase certamente d'effetto. La prima reazione è stata d'orgoglio; vedendola in quest'ottica, la gente comune, forse, conta ancora qualcosa.
Poi ho pensato all'Italia oggi. Nulla per cui essere orgogliosi; mi piacerebbe la democrazia fosse quello, ma nella melma in cui sguazziamo oggi non riesce più ad esserlo. Ci troviamo in un contesto di semi- libertà, semi-libertà di opinione, semi-libertà di iniziativa e non libertà di controllo su coloro che ci rappresentano.
Ed è qui che la democrazia fallisce, nella nascita di un qualcosa ormai fuori dal controllo di chi l'ha creato. Una creatura diventata autosufficiente che si auto- alimenta di cui hanno ampiamente parlato Rizzo e Stella.
Il periodo è critico, e soprattutto manca la coscienza della condizione critica.
In quelle foto gli sguardi mostravano rabbia per la situazione, rabbia per diritti che si ritenevano dovuti e che invece restavano ignorati, volontà di avere ciò per cui ogni giorno si sgobbava in fabbrica.
Quella classe operaia non esiste più; non esiste in primis per il cambiamento del panorama sociale ne nostro stato ma, per estes, non esiste un'entità paragonabile.
Mi spiego: diciamo che, a mio avviso, quella fascia di popolazione che naviga sul filo della soglia di povertà, non è in grado di essere paragonata alla classe operaia, o se vogliamo proletaria.
Non ha le capacità per incarnare le pretese dei poveri, è frammentata, debole e egoista.
L'esperienza che posso portarvi è estremamente pratica; possibile che io senta persone di mezza età, operai, manovali, che passano ore a litigare sedute a un tavolo,nel bar del mio quartiere, perchè uno sostiene le idee del sinistrorso Veltroni (sempre se quella è sinistra) e l'altro si ostina a difendere le decisione del governo di centro-destra (sempre se si può parlare di centro).
Non bastano i vistosi calli che entrambi hanno sulle mani per far si che si crei un'identità unica, non esiste una coscienza comune.
Entrambi faticano ad arrivare a fine mese, entrambi si rompono la schiena per provare a trascorrere una vita senza privazioni. Entrambi vengono presi in giro da sorrisi e promesse. Non se ne rendono conto.
Non vedo la capacità di capire, a prescindere dallo schieramento politico, che le problematiche quotidiane sono comuni. Manca la volontà di unirsi sotto una stessa bandiera per tornare a farsi sentire per cambiare veramente la vita, veramente le cose. Una bandiera nostra, non politica, ma Pratica.
Ci hanno diseducato alla democrazia. In Italia non sappiamo più cos'è. Dovrebbe essere il fucile sulla spalla del popolo. Chi governa deve portare rispetto a chi gli ha dato questo compito.
Siamo noi i loro datori di lavoro; dovrebbero ricordarselo che "El pueblo unido jamas sera vencido", e temere che il popolo non sia soddisfatto. Ma dobbiamo crederci noi per primi; ricordarci che i nostri bisogni sono gli stessi, le nostre difficoltà sono le stesse. Ci sarà ancora tempo per discutere se il comunismo sia la soluzione alle disuguaglianze, o il capitalismo il motore per la crescita, ma il tempo per la libertà è ancora poco.

2 commenti:

mm94 ha detto...

io credo ci siano due condizioni, entrambe legate al denaro, dalle quali si genera consapevolezza e quindi prospettive di cambiamento della società:
1. società ricca: dunque tempo liberato dal lavoro salariato, riflessioni e circoli culturali, le cosiddette avanguardie che cessano di essere tali e divengono fenomeno di massa (vedi '68).
2. società povera: perdita del lavoro e dunque DI NUOVO, libarazione del proprio tempo dal lavoro salariato che si unisce alla rabbia per le condizioni di vita perdute (i giorni nostri)..
Forse quei fucili torneranno presto sulle spalle degli operai..

le beatitudini ha detto...

sarebbe cosa decisamente buona e giusta..la rabbia può essere l'unico motore per uscire da questa crisi, primariamente intesa a livello nazionale e politico..speriamo ci sia una scossa..